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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Il regno di Kokalos

Il regno di Kokalos




Inico detta anche Inyco o Inycon, era un'antica città sicana della Sicilia occidentale. Secondo la leggenda al confine di questa città sorgeva Camico, fortezza del mitico re KoKalos, che proprio ad Inico accolse Dedalo in fuga da Minosse, re di Creta.
Inico viene principalmente posizionata, secondo studiosi locali, nei comuni di Menfi, Partinico, Alcamo o Sciacca. Diodoro Siculo scrive che: "le opere compiute da Dedalo nel regno di KoKalos si trovano nel territorio che si estende dal fiume Alabone (l'odierno Magazzolo) sino a Erice".
Secondo Philipp Cluverio (1580-1623), storico e geografo tedesco, proprio nel territorio di Menfi, a Montagnoli (a circa 3 Km dalla foce del fiume Belice, sulla riva sinistra, a 111 metri sul livello del mare) sorgeva Inyco. Nelle tradizioni locali della Valle del Belìce e dintorni, in particolare Sciacca, riecheggiano i nomi mitologici: si chiama "Grotta di Cocalo" una grotta nell'odierna contrada contadina Galati, ma una grotta vaporosa, usata a scopi terapeutici, viene detta "Antro di Dedalo".
A Mazara del Vallo venne ritrovata nel 1931 una lapide marmorea in greco, che una volta tradotta recita:
"Gli stessi consiglieri menfitani e oltre a questi il comune dei kinikoi gareggianti in affetto verso la patria offrono col proprio denaro una corona al patrono".
Questa Menfi citata nella lapide (da non confondere con l'odierna Menfi, provincia di Agrigento) sembrerebbe essere stata un villaggio romano che si trovava dove oggi c'è l'attuale Menfi. A prova di ciò nella periferia sud del paese sono stati trovati cocci e resti di vasellame appartenenti al periodo tardo-romana. Invece, secondo studiosi locali, i "kinikoi" sarebbero gli abitanti di Inico. Anche nel sito "Montagnoli" sono stati fatti molti ritrovamenti, che sembrano coincidere con quelli ritrovati a Menfi e anche questi sono della stessa epoca, l'età del ferro.
Filippo Cluverio, in seguito a viaggi in Italia, in particolare Sicilia e Sardegna, dice che Inico fosse sulla sponda sinistra del fiume Belice presso il mare. L'area archeologica ha dato diverse testimonianze del suo glorioso passato. Per esempio all'interno di un recinto capannicolo del diametro di circa 10 metri, che molto probabilmente delimitava l'area del villaggio, sono stati ritrovati reperti e ceramiche risalenti ad un'antica civiltà del Ferro (IX-VIII secolo a.C.) nello stile di Sant'Angelo Muxaro-Polizzello. Intorno al VII secolo infatti, Inyco era una fiorente cittadella, importante snodo commerciale di prodotti che dai villaggi interni arrivavano sino ai centri commerciali costieri attraverso il fiume Belice. L'insediamento legò il proprio sviluppo a quello della vicina e potente polis greca Selinunte, con la quale condivise anche il suo destino subendo la distruzione di Cartagine e divenendo un 'phrurion punico' (avamposto fortificato) in virtù dei trattati greco-punici del 407 a.C.
La monumentalità della porta d'accesso all'acropoli, le decine di tombe a forno sparse sui balzi collinari e sulla contigua altura di Santa Caterina, sono significativi componenti di un insediamento indigeno a carattere agro-commerciale influenzato dal dominio elimo-punico. Allo stesso modo le ceramiche greche, la piccola necropoli di nord-est e le fortificazioni poste a sud-est della città testimoniano il controllo politico-militare e commerciale di Cartagine su Inyco.
Il sito di Montagnoli fu anche abitato, nel periodo pre-arabo, da una comunità dedita all'agricoltura e alla pastorizia, come si evince dalla scoperta di due nicchie ad arco, che dovevano contenere dei sarcofaghi, risalenti al primo periodo del Cristianesimo.
Non si sa molto del periodo che va dalla fondazione di Inico alla dominazione greca, quindi si può supporre che il centro divenne florido per via di scambi via mare con i Micenei e i Fenici, difatti la loro presenza è testimoniata da resti nei pressi di Porto Palo, forse insediamento fenicio, e dal ritrovamento di una statuina detta "Melquart" (o Melqart), importata dai fenici tra il XI e il X secolo a.C. Per questo si pensa che Porto Palo di Menfi fosse un antico insediamento fenicio, atto alla comunicazione con l'indigena Inico e centri siculi vicini. Ma durante la colonizzazione greca i fenici abbandonarono quest'area per andare a nord-ovest dell'isola, nei pressi di Palermo, Solunto e Mozia.
Con l'inizio della colonizzazione greca della Sicilia molte città preesistenti furono assiedate, sottomesse o distrutte, a danno delle popolazioni locali, così gli iniciti (abitanti di Inico) videro crescere sempre di più le polis greche, mentre iniziava il declino della loro cittadella. Come provano, ad esempio, le battaglie tra Selinunte e Segesta, l'arrivo dei colonizzatori non fu gradito dalle popolazioni autoctone, che però finirono per arrendersi. Inico venne sottomessa da Akragas, Agrigento, e divenne parte del suo dominio, ricordando anche i potenti influssi civili e sociali di quest'ultima su vaste aree della Sicilia. Di Inico parlano personaggi illustri come Strabone, Pausania, Erodoto e Diodoro Siculo. Più tardi Esichio scriverà:

«Inycinum ab Inyco Siciliae; quod oppidulum est agro vini ferace»
«Il vino inicita viene da Inico di Sicilia, cittadella dal terreno produttivo di vino»

Un altro accenno di Inico lo dà Erodoto: gli zanclesi nel 439 a.C. durante la guerra col tiranno di Reggio, chiesero aiuto a Ippocrate di Gela, che però non accorse in aiuto ma confinò il loro tiranno Scite e il fratello Pitogene ad Inico, loro città natale, come detto da Eliano, così Ippocrate divenne tiranno di Zancle.
Nel 409 a.C. Selinunte viene distrutta dai cartaginesi, che si rifugiarono ad Agrigento, da ciò pensiamo che anche Inico subì la stessa sorte.
Nella sua opera "Ippia Maggiore" Platone parla di Inico come paese piccolo ma abitato da gente ricca, da qui supponiamo la decadenza della città intorno al 400 a.C.
Tolomeo, geografo del II secolo a.C. dice che la città prese il nome di Pintia, invece secondo storici come Cluverio[3], Fazello lo storico locale Santi Bivona[6] Pintia sarebbe stata un piccolo villaggio marittimo, sobborgo d'Inico, che corrisponderebbe all'odierna Porto Palo, come teorizzato in seguito a scavi nei pressi della spiaggia che rivelarono fondamenta di edifici e di un tempietto, oggi di nuovo seppelliti dalla sabbia.




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